venerdì, novembre 17
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Addio, mitico Puskas
Il leggendario giocatore è scomparso a Budapest a 79 anni. Come nell'Ungheria, che dominò il calcio internazionale nei primi anni '50, fu la figura di spicco del Real Madrid tra il 1958 e il 1966

MILANO, 17 novembre 2006 - A Madrid, dove ha lasciato l'impronta della leggenda, faceva la differenza. La mente, con Alfredo Di Stefano, del grande Real. Ferenc Puskas, mitica stella ungherese, si è spento dopo una lunga malattia. Aveva 79 anni. Malato da tempo, lo straordinario giocatore viveva a Budapest in una speciale casa di cura, grazie a un vitalizio del governo ungherese. Puskas fu come nel Real la figura di spicco della Nazionale ungherese che dominò il calcio internazionale all'inizio degli anni '50, anche se non riuscì a conquistare il più ambito trofeo, come la coppa Rimet nella mitica finale di Berna del 1954, dove fu sconfitta 3-2 dalla Germania di Frtiz Walter. Di seguito pubblichiamo l'articolo di Germano Bovolenta, tratto da "110 anni di gloria", la storia dlelo sport raccontata dalla Gazzetta dello Sport.
GLI ANNI DELLA HONVED - Ferenc Puskas è considerato il miglior giocatore ungherese di tutti i tempi. Nasce il 2 aprile del 1927 a Budapest, a 16 anni è titolare (mezzala sinistra) del Kispest, la squadra allenata dal padre. Nel 1948 debutta in nazionale. Quell’anno passa alla Honved, vince il campionato segnando 50 gol. Il suo bagaglio tecnico è immenso. Il giovane Ferenc, inserito nella squadra dell’esercito, diventa subito sottotenente. La sua carriera, anche militare, è fulminea. Puskas, senza mai entrare in una caserma, senza mai imbracciare un fucile, sale tutti i gradi: capitano, maggiore e infine colonnello. Nella Honved è il numero uno assoluto. Un autentico fuoriclasse con l’aggiunta di un naturale carisma che lo consacra capo dello spogliatoio.
MAGIE - Puskas, usando il solo piede sinistro, riesce a colpire il pallone con un’incredibile potenza e precisione. E’ il cervello del gruppo, un playmaker e rifinitore fantastico. Nel 1952 guida la nazionale del suo Paese all’oro olimpico di Helsinki battendo in finale (2-0) la Jugoslavia. Gli ungheresi giocano un calcio magico e infrangono il mito dell’Inghilterra, travolta 6-3 in casa, nel tempio di Wembley. Puskas segna due gol, mentre il suo partner, Nandor Hidegkuti, realizza una tripletta. Sei mesi dopo l’Inghilterra riceve la seconda lezione, quando l’Ungheria la travolge nella rivincita: 7-1. In quella nazionale, che insegna al mondo intero una nuova concezione tattica del calcio, Puskas segna 83 gol in 84 partite. I magiari partono favoriti per il Mondiale del 1954, in Svizzera...".
LA SPAGNA LO CHIAMA - Si trasferisce in Italia, a Bordighera, in cerca di un ingaggio. Ma il campione è bloccato dal veto della federazione calcio ungherese. Sono mesi di ansia e sconforto. Il nuovo governo ha sciolto l’Honved, le italiane non possono tesserarlo. L’offerta arriva dalla Spagna del generalissimo Franco, dal grande Real Madrid. La società iberica se ne infischia del veto della FIFA e lo ingaggia. Il fuoriclasse magiaro è accolto a Madrid con grande entusiasmo. Lui dimostra subito la sua straordinaria professionalità. Chiede al presidente della società spagnola, Santiago Bernabeu, di portare un po’ di pazienza: deve rimettersi fisicamente in sesto. Ha trent’anni, è “abbastanza grasso”, i tifosi lo ribattezzano “El Canoncito bum”, i compagni “Cicle”, gomma da masticare, per quell’arte, tutta sua, di tenere la palla incollata al piede.
FERENC E LA SAETA RUBIA - Con il Real Puskas gioca sino a 39 anni. Vince cinque campionati consecutivi, dal 1961 al 1965. Conquista quattro volte il titolo di capocannoniere. Il 18 maggio 1960, a Glasgow, Hampden Park, 135.000 spettatori, si gioca la finale di Coppa Campioni tra il Real e l’Eintracht di Francoforte. Una partita bellissima, Puskas segna quattro gol, Di Stefano tre. Ferenc ha 33 anni, Alfredo 34. La partita finisce 7-3: i tedeschi sono letteralmente distrutti, il pubblico è incantato dal favoloso spettacolo.
IL RITORNO A CASA - Nel 1966, il colonnello Ferenc Puskas si ritira dal calcio giocato. La sua posizione finanziaria, grazie a buoni investimenti fatti in Spagna, è molto solida. Lui però tenta la carriera di allenatore. Senza grandi successi, esclusa la stagione 1970-71, quando guida i greci del Panathinaikos alla finale di Coppa dei Campioni contro l’Ajax, persa per 2 a 0. Ritorna in patria dopo molti anni. Gli riservano un’accoglienza degna di un eroe nazionale. Nell’ottobre 2000 è ricoverato in ospedale per curarsi dal morbo di Alzheimer.
MILLEDUECENTO PARTITE - La notizia del grave male è tuttavia smentita dai medici e dalla moglie. Nel 2002, in occasione del suo 75° compleanno, il governo decide di intitolargli il principale stadio di Budapest: il “Nepstadion”, stadio del popolo, si chiamerà “Ferenc Puskas Stadion”. Puskas partecipa alla cerimonia in suo onore, calcia persino il pallone, mentre 75 bambini lo incitano e gli battono le mani. E lui, il vecchio grande colonnello dell’Ungheria e della Spagna, piange commosso. Adesso è nella leggenda. Il suo tiro sinistro è pari a quello di Maradona. Secondo molti critici e osservatori è il miglior tiratore che il calcio abbia mai visto nella sua storia ultracentenaria. Luisito Suarez raccontò che un giorno in allenamento Puskas si mise a mirare i pali della porta da fuori area, a circa una ventina di metri. Su venti tentativi li colpì 18 volte. Nella sua carriera giocò 1200 partite, segnando 418 reti ufficiali.

Germano Bovolenta www.gazzetta.it


 
posted by Senza Padroni at 11:35 AM |


1 Comments:


At 11/20/2006 1:58 PM, Blogger LAB l'Albero

Grazie per la visita,
ti linko fra i siti di chi ama il Football!