giovedì, novembre 9
Violenza negli stadi!
tratto da www.aguardiadiunafede.it

Di quale violenza vogliamo parlare? Della violenza di chi distingue tra squadre forti e squadre deboli e agevola le forti (giustificandosi con la spettacolarità di certe partite) relegando le altre a un ruolo di comprimarie? o del “Palazzo” che continua da anni ad affermare dis-valori che trasformeranno inevitabilmente il movimento del calcio in modo così drastico da far compromettere le caratteristiche di questo sport ? oppure della violenza di certi giornalisti sempre pronti a spettacolarizzare episodi che non hanno alcun motivo di essere pubblicizzati se non quello di esaltare coloro che ne hanno preso parte?
La violenza negli stadi da parte delle tifoserie organizzate è stata studiata da diversi autori e anche da alcune università inglesi che nel corso degli anni hanno tirato fuori teorie per qualcuno interessanti per altri discutibili. Il lavoro della scuola di Oxford può essere racchiuso in una sigla: aggro, espressione con cui i professori di questa scuola indicano l'azione aggressiva rituale.
Secondo questi autori, gran parte degli incidenti ad opera di hooligans e ultras avrebbero una valenza violenta molto minore di quanto non si creda. Ne discerne che l’idea della loro presunta pericolosità sarebbe soprattutto il frutto dell'allarme sociale provocato dalla stampa e dai mass media, i quali, rendendoli visibili ne amplificherebbero la portata ben al di là della loro reale pericolosità..
Un altro spunto interessante ma comunque discutibile è quello della scuola di Leicester che punta l’attenzione sulla condizione economico sociale dei tifosi affermando che le radici culturali della violenza negli stadi vadano ricercate in quegli strati sociali in cui la violenza pubblica e privata è maggiormente tollerata e spesso incentivata. Gli studiosi di questa scuola ritenevano che gli hooligans vedessero la loro curva come un territorio da difendere e la curva degli avversati come un posto da attaccare, destabilizzare e possibilmente occupare ( anche solo per pochi minuti ) e questo, fondamentalmente, per compensare delle frustrazioni dovute alla povertà che caratterizzava i tifosi inglesi più accesi.
Molto più realistica mi sembra la descrizione di coloro che effettivamente hanno frequentato gli spalti in prima persona non in seguito a qualche particolare frustrazione bensì il desiderio di partecipare al rito collettivo volgarmente noto come Rissa ( o in gergo Fare Scontri o anche Dare la paga o semplicemente Fare tafferugli ). In questo caso rileviamo oltre a due righe dell’introduzione di Hoolifan, anche un breve passo del libro di King che mi sembra abbastanza simile a quello che è successo a Roma nel corso di questi anni.


“Ogni club ha il suo sapore, e questo è creato dai tifosi, che durano molto più dei giocatori, dei manager e dei presidenti. Per molti maschi una buona reputazione da buoni combattenti vale più delle performance sul campo da gioco,è una questione di orgoglio e di identità”. (Hoolifan 30 anni di botte .Introduzione)
“Stare a vedere le risse era almeno metà del divertimento di andare a vedere una partita di calcio allo stadio, durante i primi anni. Non c’era un reale pericolo di venire coinvolti se non te l’andavi a cercare, sia che indossassi sciarpe e magliette della tua squadra, sia che non lo facessi. Gli ultras come propria regola interna, affrontavano solo altri ultras. Chiunque altro, di solito, viene lasciato in pace. (…) Le regole del gioco vennero presto fissate e tutti le accettarono.” (Pag 209 Hoolifan 30 anni di botte)


Per molti tifosi il divertimento sta nell’incontrare ogni domenica gente con lo stesso interesse - spesso anche amici o se non altro conoscenti - che non rivedrebbero in nessun altro posto durante gli altri giorni della settimana. Non è altro che una delle possibili fughe dal ‘mondo reale’.
Per i membri di un gruppo di solito è diverso perché durante la settimana questi si vedono per prendere decisioni in merito a coreografie, trasferte, imboscate ecc.
La reputazione di un gruppo - cioè la cosa più importante per esso oltre alla fede per la maglia - è nelle mani di ogni membro e ognuno deve avere estrema fiducia nei suoi compagni in qualsiasi circostanza più che mai nelle situazioni di pericolo. Per guadagnare rispetto all’interno di un gruppo ci vuole costanza e dedizione. E’ un rispetto che è direttamente proporzionale ai meriti di ciascun membro. Ora, una cosa è avere il rispetto da parte dei propri compagni mentre un’altra è averlo a livello nazionale o internazionale. Ogni gruppo vuole farsi conoscere dai gruppi dei club avversari. E’ la questione del “farsi un nome”. Solo dopo subentra la reputazione. Senza il nome non si è nessuno. Uno striscione conta meno di zero se dietro non c’è gente degna di credibilità.
 
posted by Senza Padroni at 3:24 PM |


2 Comments:


At 11/10/2006 10:40 AM, Anonymous Anonimo

Ue' Cupion... ^_^

 

At 11/10/2006 1:55 PM, Blogger Senza Padroni

beh era troppo bello... :P
poi me lo sono letto tutto.
bello davvero!