domenica, giugno 11
Leggete e meditate...
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MANFREDONIA - Assolti i Romito dall'accusa di mafia e duplice omicidio; assolto Ciccillo Libergolis per omicidio, mafia e usura; assolti i due carabinieri accusati di collusioni e di aver favorito i Romito, eliminando ogni riferimento che li riguardasse dalle indagini che conducevano sulla mafia del Gargano. Le 18 pagine della sentenza, emessa ieri pomeriggio nell'aula bunker di Bitonto dal gup di Bari Marco Guida nel maxi-processo abbreviato a 80 dei 107 imputati dell'inchiesta della Dda sulla mafia garganica, ridimensionano la tesi di Direzione distrettuale antimafia e carabinieri. Il gup ha assolto 36 imputati e condannato altri 44 condanne a complessivi 290 anni di reclusione, cui aggiungere un ergastolo. I pm Domenico Seccia e Alessandra Fini nell'udienza del 14 marzo scorso avevano chiesto 3 assoluzioni e 77 condanne per complessivi 763 anni di carcere, cui aggiungere 6 ergastoli. Cosa diceva l'accusa? Che nella zona di Manfredonia, Monte Sant'Angelo e Mattinata comandava il «clan dei montanari» riconducibile alle famiglie Romito e Libergolis che estendeva la sua influenza anche sulla zona di San Nicandro grazie all'alleanza con il locale clan Ciavarrella. I Romito - indicati come coloro che facevano girare i soldi provento di affari illeciti, mentre i Libergolis rappresentavano il braccio armato dell'organizzazione - sono stati tutti assolti dalle accuse più gravi. E' il caso del capo famiglia Ciccillo Romito, accusato del duplice omicidio Terracciano Aniello e dell'omicidio Basta, oltre che di mafia (era ai domiciliari, è libero); dei figli Michele (scarcerato), Franco e Mario Luciano (restano detenuti per armi) accusati di mafia e duplice omicidio. Il pm aveva chiesto l'ergastolo per Ciccillo, Franco e Mario Luciano Romito e 30 anni per Michele Romito. Il solo Franco Romito (ritenuto insieme al fratello Michele al vertice della mafia garganica con Armando Libergolis) è stato condannato dal gup a 4 anni per il sequestro di un ragazzo picchiato e punito perchè avrebbe offeso un esponente della famiglia Romito. La sentenza di primo grado esclude la mafiosità della famiglia Romito, anche se tre esponenti (il padre e i figli Michele e Franco) si portano dietro la nomea di confidenti dei carabinieri, confermata in aula da due testimoni: un ufficiale e un appuntato dell'Arma. Quanto alla presunta mafiosità dei Libergolis va ricordato che i principali esponenti della famiglia (i fratelli Matteo, Armando e Franco Libergolis) sono tra i 25 imputati che hanno scelto il giudizio ordinario e sono processati in corte d'assise a Foggia; è stata comunque riconosciuta per alcuni presunti componenti del clan tra cui Libero Frattaruolo, ma è caduta per il più noto esponente della famiglia Libergolis. Ciccillo Libergolis, 64 anni, allevatore di Monte Sant'Angelo dell'omonima famiglia coinvolta nella sanguinosa faida con gli Alfieri/Primosa, è stato infatti assolto da tutte le imputazioni: mafia, omicidio e usura a fronte di una richiesta di condanna a 30 anni; l'allevatore resta comunque detenuto per ricettazione d'auto. L'unico ergastolo, a fronte dei sei chiesti dall'accusa, è stato inflitto a Matteo Ciavarrella 27 anni, riconosciuto colpevole di 4 dei 6 omicidi contestati oltre che di mafia e droga: è il secondo ergastolo per il giovane sannicandrese. L'accusa di mafia ha retto per quasi tutti i componenti della famiglia Ciavarrella, alcuni dei quali (come Maria Cursio madre dell'ergastolano) condannati a 20 anni per omicidio. Tra le assoluzioni spiccano quelle dei marescialli dei carabinieri Massimo Russo e Nildo Rauseo già in servizio al reparto operativo dei carabinieri e che hanno condotto parte delle indagini sulla mafia del Gargano. L'accusa aveva chiesto la loro condanna a 10 anni ciascuno per concorso esterno in associazione mafiosa, peculato, e favoreggiamento dei Romito. Sin dal giorno dolorosissimo dell'arresto il 23 giugno del 2004 in concomitanza con il maxi-blitz contrassegnato da 99 arresti - i due sottufficiali avevano rivendicato la legittimità del loro comportamento, spiegando che i rapporti coi Romito erano quelli tra un investigatore e un confidente e che di questi rapporti di lavoro erano a conoscenza i loro superiori. Dei 12 omicidi contestati nel maxiprocesso abbreviato, in sei casi si è arrivati alla condanna.
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ROMA - Sfiorare appena le labbra di una collega, tentare di darle un bacio sul collo o darle una pacca sul sedere: sono tutti comportamenti punibili penalmente se imposti con violenza, minacce o abuso di autorita'. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione respingendo il ricorso di un funzionario di Polizia cinquantenne condannato nel 2002 dalla Corte di Appello di Genova a un anno e due mesi di reclusione per violenza sessuale: il poliziotto, gia' condannato in primo grado dal Tribunale di San Remo, nel '94 aveva costretto una giovane collega alle sue dirette dipendenze a subire baci sul collo, e aveva tentato poi di baciarla anche sulla bocca dopo averla stretta a se con forza all'interno di una vettura di servizio. Il funzionario di Polizia aveva proposto il ricorso in Cassazione per insussistenza del reato spiegando che le sue erano state semplici 'avances' e che non incidevano sulla sfera sessuale della donna. Con la sentenza n. 19808 depositata oggi a piazza Cavour, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso confermando la condanna. I giudici della terza sezione penale della Corte di Cassazione hanno quindi confermato le considerazioni espresse nel 2004 con sentenza n. 37395, nella quale avevano fissato i limiti della condotta tipica del reato di violenza sessuale, ovvero 'qualsiasi azione che possa ledere il bene giuridico di liberta' sessuale, non solo quindi la congiunzione carnale o gli atti di libidine'': per questo fu confermata allora la condanna per un magistrato accusato di aver dato una pacca sul sedere proprio a una dirigente del 'Palazzaccio' e ad altre impiegate. Come sancito da diverse pronunce della Suprema Corte, anche palpeggiamenti e i toccamenti - spiega il relatore della sentenza odierna, Aldo Fiale - possono costituire una indebita intrusione nella sfera sessuale ed il riferimento del sesso non deve limitarsi alle zone genitali, ma comprende pure quelle ritenute erogene dalla scienza medica, psicologica ed antropologica. I giudici di Piazza Cavour hanno quindi respinto il ricorso del funzionario di Polizia confermando la condanna a un anno e due mesi di reclusione ed addebitando all'imputato le spese di giudizio.
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per il secondo articolo c'era solo l'imbarazzo della scelta. Potevamo inserire tranquillamente un articolo di una diffida per accensione di una torcia in uno stadio o addirittura una diffida per un vivace colloquio con un gendarme questa volta fuori dagli spalti... potevamo scrivere un bel romanzo su queste cose, magari un giorno lo faremo!
ma dopo che abbiamo letto tutto questo schifo cosa facciamo? ridiamo o piangiamo?
 
posted by Senza Padroni at 6:54 PM |


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