venerdì, maggio 19

Abidjan, 7 febbraio 1999. “Il giorno in cui la leggenda degli Elefanti è iniziata”, proclama un giornale sportivo della Costa d’Avorio. Quel giorno l’ASEC di Abidjan, il club più titolato dell’ex-colonia francese che dal 1960 era diventata una repubblica, conquistò la Supercoppa Africana sconfiggendo 3-1 l’Espérance di Tunisi. L’impresa non fu tanto il risultato in sé stesso, quanto chi la compì: una selezione di diciassettenni e diciottenni tutti al loro esordio in prima squadra. Insomma la squadra primavera dell’ASEC fatta debuttare in blocco nella finale di un importante trofeo africano. Qualche nome? Kolo Tourè, Barry Boubacar, Didier Zokora, Adoulay Djirè, Gilles Yapi-Yapo, Siaka Tienè e Aruna Dindane. Tra poco molti di loro difenderanno i colori della propria nazionale in Germania. Il tutto grazie a un personaggio bizzarro, avventuroso e pieno di idee come Roger Ouegnin, il presidente dell’ASEC che nel 1993 ebbe l’intuizione di costruire una vera e propria accademia giovanile di calcio. Un progetto rivoluzionario in un continente, quello africano, ricchissimo di talento ma povero di risorse per formarlo e svilupparlo al meglio. Come braccio destro nella conduzione dell’accademia Ouegnin scelse l’ex centrocampista francese Jean-Marc Guillou, al quale venne affidato l’incarico di direttore tecnico. I primi frutti cominciarono ad arrivare nel 1998, quando l’ASEC vinse la Coppa Campioni Africana; poco dopo i primi giocatori partirono per l’Europa. Il capitano Tchireossa Guel venne ceduto all’Olympique Marsiglia, altri scelsero i campionati dell’Europa orientale, qualcuno invece si trasferì nell’Africa del Nord. Il primo impegno che i neocampioni d’Africa si trovarono a dover affrontare la stagione successiva fu la Supercoppa Africana, per la quale Ouegnin ebbe un’idea temeraria e geniale allo stesso tempo: decise di mandare in campo la squadra giovanile. Scoppiò il finimondo, specialmente tra i tifosi dell’ASEC, che causarono le dimissioni di Francis Ouegnin, fratello di Roger, dalla carica di vice-presidente della società, ma anche tra gli avversari, con il presidente dell’Espérance Tunisi Slim Chiboub che parlò senza mezzi termini di “politica scandalosa dell’ASEC che vuol far giocare un gruppo di ragazzini”. Lo stesso fecero alcune radio locali, una delle quali introdusse la finale nel seguente modo: “Sul volto dei bambini che oggi l’ASEC manderà in campo appare la stessa espressione degli agnelli che stanno per essere mandati al macello”. Il boicottaggio indetto dalla frangia più radicale dei supporter del club ivoriano portò al Felix Houphouet Boigny di Abidjan meno di diecimila spettatori; chi rimase a casa si perdette uno dei momenti più emozionanti nella storia delle competizioni per club del calcio africano. Come detto l’ASEC vinse 3-1 con rete di Venance Zézéto e doppietta di Aruna Dindane, futuro attaccante di Anderlecht (verrà anche nominato giocatore dell’anno in Jupiler League) e Lens. Da quel momento la Costa d’Avorio è diventata la nuova speranza dell’Africa Nera. I giovani vennero massicciamente promossi in prima squadra e l’accademia guadagnò un prestigio senza precedenti. Gulliou divenne direttore tecnico del club belga del Beveren e lo trasformò in una vera e propria succursale dei migliori talenti prodotti dall’accademia, molti dei quali presero poi il volo per altre destinazioni, magari anche più nobili, in tutta Europa. L’avventura in terra belga di Guillou è terminata nella primavera di quest’anno (miglior risultato: una finale di coppa di Belgio persa contro il Bruges, più una serie di salvezze non scontate alle vigilia), ma ormai il circolo virtuoso è stato creato. La Costa d’Avorio è terra di talenti, l’accademia dell’ASEC rappresenta una garanzia di qualità, la nazionale è piena di giocatori con esperienza ai più alti livelli e può finalmente pensare in grande. Gli esempi sono sotto gli occhi di tutti: Kolo Tourè, Emmanuel Ebouè (entrambi dell’Arsenal), Didier Drogba (Chelsea), il già citato Dindane (Lens), Bonaventure Kalou (Paris Saint Germain), niente derby però con il fratello Solomon che non è ancora riuscito ad ottenere la cittadinanza olandese, Yayà Tourè (Olympiacos), Didier Zokora (St. Etienne) e quindi, un gradino più sotto, Marc Andrè Zoro (Messina), Arouna Konè (Psv Eindhoven), Kanga Akalè (Auxerre), Arthur Boka (Strasburgo) e il duo del Nantes Emerse Fae-Gilles Yapi Yapo. Tra questi la stella indiscussa è Drogba, sbarcato in Francia all’età di cinque anni a seguito di suo zio Michel Goba, di professione insegnante, e formatosi calcisticamente nell’Abeville e nel Levallois prima di trasferirsi, nel 2003 via Le Mans, al Guingamp, dove è iniziata la sua ascesa che lo hanno portato nel giro di un paio prima all’Oympique Marsiglia (per vestire la maglia dei quali rifiutò il Lione) e poi, per la cifra importante di 37.5 milioni di euro, al Chelsea. In campo è lui l’allenatore e il leader degli Elefanti, quasi sempre nel bene (miglior marcatore della squadra nelle qualificazioni con 9 reti), qualche volta anche nel male (vedi il rigore sbagliato contro l’Egitto nell’ultima finale di Coppa d’Africa).Il compito di organizzare e disciplinare questa concentrazione potenzialmente esplosiva di talento e muscoli spetta al francese Henri Michel, al suo quarto mondiale dopo Messico ‘86 (allenava la Francia), Stati Uniti ’94 (Camerun) e Francia ’98 (Marocco). Ci è arrivato anche grazie a un pizzico di fortuna, che è arrivata sotto forma di un rigore sbagliato all’ultima giornata in pieno recupero dal camerunese Pierre Wome che è costata la qualificazione al Camerun proprio a favore degli Elefanti, ma a volte, senza esagerare, ci vuole anche quella, e il biglietto per Germania 2006 la Costa d’Avorio se lo è meritato primeggiando in un girone difficile comprendente, oltre ai già citati Leoni Indomabili, Egitto, Libia, Sudan e Benin. In termini di sorteggio però quello dei Mondiali è andato ancora peggio, inserendo il team africano in quello che è stato definito “il girone della morte” e che comprende Argentina, Olanda e Serbia-Montenegro. Un primo impatto subito ad elevatissimo quoziente di difficoltà. Lo stesso che per molti dei giocatori dell’attuale Costa d’Avorio si presentava poco più di sei anni fa in quel di Abidjan nella finale di un importante trofeo. Poi come è finita si è visto. E, si sa, gli elefanti hanno buona memoria…

di Alec Cordolcini
 
posted by Senza Padroni at 1:43 PM |


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